Riadottato il PAI, un percorso in atto dal 2004

Con delibera in data 9 novembre 2012 il Comitato istituzionale che presiede l’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione ha deliberato di riadottare il Piano stralcio per  l’assetto idrogeologico (PAI) dei bacini dei fiumi veneti.  Il documento e le sue prescrizioni hanno dovuto infatti recepire gli esiti delle conferenze programmatiche tenute dalle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia nel corso del 2011 con i Comuni e le Province interessate, oltre a una serie di sentenze nel frattempo intervenute.

Sulla nuova delibera dell’Autorità di bacino dell’Alto Adriatico, per meglio inquadrare i nodi sul tappeto ecco un’intervista-commento con l’avvocato Enrico Gaz, che fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Colleselli.

Perché una nuova adozione del Pai?

Tutto si spiega con l’enorme contenzioso in materia che è stato promosso contro la precedente adozione: il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con una serie di sentenze ha parecchio mutilato il precedente Piano ed i primi atti applicativi (soprattutto per previsioni di interesse “friulano”) costringendo di fatto l’Autorità di bacino alla riavvio della procedura con un nuovo atto di adozione.

Quali difficoltà si prefigurano per i Comuni, i cittadini, le imprese?

La difficoltà principale è data dal permanere del regime di salvaguardia il quale, introducendo una disciplina a carattere comunque transitorio, manca della stabilità definitiva necessaria per i successivi atti di esecuzione finale del Piano.

Le norme di salvaguardia hanno carattere «immediatamente vincolante». Dunque, per i territori interessati quale procedimento si apre?

Il regime di salvaguardia anticipa, prima della approvazione finale del Piano, l’obbligo di rispettarne le prescrizioni e i divieti in modo da evitare che, nel tempo occorrente per giungere alla conferma definitiva della pianificazione, possano venire attuati interventi o iniziative che ne compromettano le previsioni. Si tratta tuttavia di un regime transitorio, destinato a cessare nel termine di tre anni nel corso dei quali dovrebbe concludersi la fase di partecipazione dei soggetti ed enti interessati, in modo da approdare, anche alla luce delle osservazioni raccolte, all’approvazione ultima.

Quali aspetti positivi tenere comunque presenti?

L’aspetto positivo è dato dal fatto che, trattandosi di assestamento a seguito di pronunce giurisprudenziali, ora dovrebbe essere neutralizzato il rischio di vedere nuovamente bloccato il piano dall’Autorità giudiziaria e, quindi, il tutto dovrebbe essere finalmente incamminato verso la definitiva messa a regime.

 

 

 

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